martedì 7 gennaio 2014

Massoni Rossi. “Quando la sera andavamo da Licio Gelli”

di FURIO LO FORTE



Partiamo da un libro shock sui “Panni sporchi della sinistra” per ricostruire quell’asse inconfessabile che da tempo collega uomini dell’ex Pci ad una certa parte della magistratura, con la supervisione delle massonerie organiche ai poteri finanziari internazionali. Il quadro di un Paese nel quale si decidono a tavolino epurazioni e ribaltamenti dei governi, si eliminano i giornalisti indipendenti e si abbandonano i testimoni di giustizia     

 
Non c’è bisogno di andare molto lontano per scovare la malapianta dentro cui affonda le radici la guerra non dichiarata - ma che ha già fatto molte vittime - da parte di segmenti strategici della magistratura e dello Stato contro giornalisti, testimoni di giustizia ed esponenti dell’antimafia che con le loro denunce sono andati a toccare in questi anni nervi scoperti del rapporto fra istituzioni italiane, massoneria internazionale e malavita organizzata.

Punto di svolta è - come da più parti ricordato - l’arco temporale che va dalle stragi del ’92-’93 ai primi anni di Mani Pulite. Da qui in poi finiscono gli attentati dinamitardi. E il sangue sulle strade resta riservato ai capetti dei piccoli clan locali in lotta fra loro per il racket o per lo spaccio nel quartiere. E da qui scende direttamente in campo quella parte della magistratura che risponde a poteri “altri”. Da quel momento in poi non c’è più bisogno di uccidere. Basta procedere a colpi di perquisizioni, sequestri, delegittimazioni, arresti, o anche solo sfinimento per processi che costano cifre enormi soltanto per pagarsi gli avvocati.

C’è un grande libro, uscito in questi giorni, che irrompe nel dibattito sulle vere ragioni della crisi che sta devastando e decimando l’Italia. Lo ha scritto, insieme a Stefano Santachiara, Ferruccio Pinotti, l’unico giornalista italiano che non nutra timori reverenziali ne´ per il potere e nemmeno per la magistratura, e che sia in grado, raccogliendo le prove, di rendere il quadro osceno di quello che ci sta davvero accadendo.

Ne “I panni sporchi della sinistra”, pubblicato con altrettanto coraggio e impegno civile da Chiarelettere, Pinotti dipana lucidamente il filo che ha intrecciato negli ultimi cinquant’anni la storia dell’ex Pci e dei suoi uomini di vertice (in primis il capo dello Stato Giorgio Napolitano) con le protezioni filoatlantiche riservate a quella parte politica dalla massoneria internazionale e statunitense. Senza mai dimenticare il ruolo che, nei momenti decisivi di questo connubio, è stato svolto da una certa magistratura, specialmente quella che sarebbe poi apertamente passata nell’agone politico. Ancora una prova, il libro, che se oggi si vuole seriamente analizzare la massoneria bisogna partire da quella compagine “rossa” che racchiude gli inconfessabili rapporti di alleanza fra il Pd, Magistratura Democratica (ma non tutta, e non solo), e i loro referenti sovranazionali di matrice massonica.


LA SERA ANDAVAMO DA GELLI

Il rivolgimento epocale al vertice delle istituzioni italiane avvenuto fra 1992 e 1994 non fu certamente dovuto ad un certo Mario Chiesa, pescato con le mani nel sacco mentre prendeva tangenti per il Pio Albergo Trivulzio. Se ormai tutti gli storici - anche i più irregimentati - concordano sulla bufala del “mariuolo” Chiesa, fatta passare ad arte come pietra dello scandalo, meno noti risultano alcuni particolari dell’epoca che convergono sulla triangolazione ex Pci-Md e Massoneria quale “mandante” vero di quella Tangentopoli che in poco più di un anno avrebbe sostituito in blocco la classe dirigente italiana.

Attraverso la relazione - rimasta segreta - fra una donna che aveva lavorato in quegli anni al servizio della famiglia di Licio Gelli ed un noto esponente della allora “Milano da bere”, alla Voce è filtrata la notizia che in quegli anni a Villa Wanda era stato ricevuto, in veste tutt’altro che ufficiale, un importante magistrato collegato al pool. Lo stesso - secondo la testimone - si sarebbe trattenuto a lungo col Venerabile in uno o più incontri, definiti dalla donna “di tono conviviale”.

Se questa circostanza risultasse verificata, troverebbero ulteriore conferma anche altre ricostruzioni che emergono dal libro di Pinotti. Come quell’incredibile gioco delle parti fra centrodestra e centrosinistra, nel quale i burattinai (o “illuminati”, trilateral o bilderberg, che dir si voglia) scaricano o esaltano gli uomini di potere per i quali “è giunta l’ora”, indipendentemente dalle appartenenze politiche, secondo logiche di regia occulta dell’economia - o della dis-economia - italiana.

Una chiave che spiegherebbe, ad esempio, quanto nel libro di Pinotti e Santachiara si documenta circa il feeling politico di lunga data, benedetto dalle comuni simpatie massoniche, fra Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi. Il capitolo si intitola Silvio e Giorgio: affinità e “fratellanza”? «Il complesso rapporto creatosi nel corso degli anni tra Berlusconi e Napolitano - si legge - suggerisce sintonie che spesso vanno oltre la simpatia personale e il reciproco rispetto che può esistere tra figure che dovrebbero essere radicalmente lontane, sia per storia intellettuale e professionale sia per schieramento politico». Del Cavaliere si ricorda, oltre alla conclamata appartenenza alla P2, la minuziosa simbologia massonica fatta erigere nel mausoleo della villa di Arcore, senza contare le affermazioni del confratello ribelle, Gioele Magaldi, secondo il quale Berlusconi avrebbe fondato a suo tempo una officina autonoma con poteri sovranazionali, la “Loggia del Drago”, cui si dovrebbe, fra l’altro, buona parte del trionfo elettorale dal ’94 in poi.

Molto più complesso - ammettono gli autori - il discorso che riguarda Napolitano. A parlare è stavolta un avvocato da sempre molto vicino al presidente, che rivela: «Già il padre di Giorgio Napolitano è stato un importante massone, una delle figure più in vista della massoneria partenopea». L’avvocato Giovanni, figura di primo piano delle elites culturali partenopee di inizio ‘900, «avrebbe trasmesso al figlio Giorgio non solo l’amore per i codici, ma anche quello per la “fratellanza”». Analogo transfert ci sarebbe stato tra il futuro presidente e Giovanni Amendola (padre di Giorgio Amendola), massone e figura carismatica del Pci.


IL VOLTO “SORRIDENTE” DEL PCI

Nel tentativo di spegnere l’onda d’urto generata dall’uscita del libro di Pinotti, il Venerdì di Repubblica del 13 dicembre pone in copertina un giovanissimo Napolitano. E nell’articolo interno si dilunga sulle attenzioni che gli Usa hanno riservato a quel «volto sorridente del Pci», come veniva definito nei cablo rimasti per anni segreti. Ne vien fuori il ritratto di un alto dirigente colto e moderato, per lungo tempo seguito dalla Cia, perno dell’equilibrio che ha tenuto in piedi l’alleanza fra gli Stati Uniti e l’Italia. Niente a che vedere con le rivelazioni bomba contenute nel volume di Chiarelettere.

Eppure, a ben guardare, anche il pezzo del Venerdì proprio a quelle rivelazioni aggiunge qualcosa di interessante. Come quando ricorda il ciclo di conferenze tenute da Napolitano nel 1978 a Chatham House, Londra. Parliamo di uno dei principali centri del potere occulto mondiale ancora oggi. O quando nel pezzo si riporta la comunicazione riservata sul terrorismo in Italia dell’ambasciata inglese a Roma al ministro degli esteri britannico Caroline Redman: «Napolitano è rimasto del tutto sconcertato dalle esternazioni di Pertini sul terrorismo italiano manovrato dall’estero (...). Non ci sarebbe stato da sorprendersi, ad esempio, se la Francia si fosse offesa». La comunicazione è datata 19 febbraio 1981. Appena sei mesi prima, il 27 giugno 1980, nei cieli di Ustica un Dc 9 dell’aeronautica civile con 81 persone a bordo veniva abbattuto da quello che dopo molti anni si confermerà come un atto di guerra congiunto di Francia e Stati Uniti per eliminare il comandante libico Muammar Gheddafi.  

Arriviamo al 1998: «i servizi segreti - ricostruisce Pinotti - avevano avvisato il Viminale delle capacità di fuga di Gelli durante la sua detenzione nel carcere svizzero di Champ Dollon». Eppure nel maggio di quell’anno «il Viminale guidato da Napolitano non riesce a evitare la fuga all’estero del capo della P2 Licio Gelli dopo l’ennesima condanna per il crac dell’Ambrosiano. Nonostante le ingenti risorse informative del ministero dell’Interno, il Venerabile lascia l’Italia indisturbato».

Comunque, tra i “volti sorridenti del Pci”, a Napoli si ricorda anche quello di Eugenio Jannelli, altrimenti detto il “barone rosso”. Scomparso nel 2005, il caposcuola dell’ortopedia partenopea, iscritto al Pci dal 1947, poi parlamentare, era fra gli amici più stretti di Napolitano. E fu proprio in Transatlantico che i cronisti della Voce lo incontrarono nel 1994, quando sulle pagine del mensile comparvero per la prima volta gli elenchi della massoneria in Campania. Perche´ fra i nomi dei confratelli spiccava il suo, quello dell’onorevole Jannelli. Alle nostre domande si schermì col sorriso del nobiluomo d’altri tempi e preferì non rispondere.


GIRO MANCINO

Studiosi e investigatori di fatti massonici - nel cui novero va considerato a buon diritto Ferruccio Pinotti, autore dei non meno dirompenti Fratelli d’Italia (2007) e Vaticano Massone (2013) - ci hanno spiegato da tempo che le personalità “di peso” vengono generalmente affiliate a logge estere. Come la Freedom di New York, che letteralmente pullula di italiani, o le diverse comunioni collegate a centri di potere come la stessa Chatham House, a Londra, o l’Aspen Institute, a Washington. Da qui la difficoltà a tradurre in prove concrete quell’aura di occultismo che aleggia intorno a tanti big delle nostre istituzioni. Salvo sporadici “incidenti di percorso”. Capita per esempio quando un empito di vanità spinge un leader a firmare un editoriale su una rivista ufficiale della massoneria, o a non astenersi dal presenziare ai convegni organizzati dai confratelli.

Il sito ufficiale del Grande Oriente d’Italia possiede nell’archivio online un gran numero di riviste riferibili alla “cultura” massonica fra cui Il pensiero mazziniano, che nel numero di dicembre 2009 vedeva come firma illustre quella di Nicola Mancino, autore di un saggio sul meridionalista Michele Cifarelli del Partito Repubblicano Italiano.

Nel 2009 Mancino era già vicepresidente del Csm da tre anni. In sostanza, dal 2006 al 2010 alla guida della giustizia italiana siedono due uomini accreditabili quanto meno di stima e simpatia verso la massoneria: il presidente del Consiglio Superiore della Magistratura Giorgio Napolitano, capo dello Stato, e il vicepresidente Nicola Mancino.

Sui rapporti fra Mancino e Napolitano emersi nel corso delle indagini della Procura di Palermo sulla trattativa stato-mafia si sofferma a lungo il libro di Pinotti, che ricorda come «nel novembre 2011 Mancino, preoccupato per la piega che ha preso l’indagine di Palermo», «comincia a tempestare di chiamate uno stretto collaboratore del Quirinale, responsabile degli affari dell’amministrazione della giustizia», Loris D’Ambrosio. Fino al 27 giugno 2012, quando arriva lo scoop di Panorama sull’esistenza di dialoghi tra Napolitano e Mancino intercettati sull’utenza di quest’ultimo. Un mese dopo, il 27 luglio, Loris D’Ambrosio muore d’infarto mentre si trova nel suo studio. E «il 4 dicembre 2012 la Corte costituzionale accoglie la richiesta di distruggere le quattro telefonate della discordia, assicurando che “Il presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o attentato alla Costituzione”».


MAGISTRATURA E “DEMOCRATICI”

Risale ai tempi del “barone rosso” Jannelli, o del comunista-massone Amendola, quella stretta vicinanza che tuttora dura fra gli ex Pci e tanta parte della magistratura italiana, quasi sempre riunita sotto i vessilli di MD, Magistratura Democratica.

Esponente di punta di MD era ad esempio, quando ancora faceva il magistrato, Alberto Maritati, altra figura emblematica ricordata ne “I panni sporchi della sinistra” per il suo passaggio dall’ordine giudiziario alla carriera politica di ordinanza dalemiana. Dobbiamo tornare al 1994, quando il futuro lider maximo viene iscritto nel registro degli indagati per un finanziamento ricevuto dal re della sanità pugliese, Francesco Cavallari. Interrogato dal pm Alberto Maritati, ad aprile ’94 Cavallari vuota il sacco: «Non nascondo che in una circostanza particolare ho dato un contributo di 20 milioni al Partito Comunista. D’Alema è venuto a cena a casa mia e alla fine della cena io spontaneamente mi permisi di dire, poiche´ eravamo alla campagna elettorale del 1985, che volevo dare un contributo al Pci». Ora proseguiamo su Wikipedia: «Maritati archiviò il processo D'Alema nel 1995 per decorrenza dei termini di prescrizione, nonostante lo stesso D'Alema avesse dichiarato di aver ricevuto illegalmente un finanziamento per il Partito Comunista. Maritati si candidò quindi per volontà di D'Alema nel giugno 1999 e rimase in carica come senatore del Pd fino al febbraio 2013, quando rinunciò a partecipare alle primarie per le nuove elezioni politiche».

Ne´ meno significative, da questo punto di vista, sono state le intese politiche fra l’ex Pci di D’Alema e il “simbolo di Mani Pulite” Antonio Di Pietro: nemmeno il tempo di lasciare la toga (maggio 1996) e si ritroverà prima ministro dei Lavori pubblici nel governo Prodi, poi candidato al Mugello per volontà di D’Alema.


IL BLOCCO

Dal libro di Pinotti e dalle tante circostanze via via venute alla luce grazie alle sue rivelazioni, emerge con chiarezza, forse per la prima volta, un blocco di potere granitico, trasversale, pronto ad entrare in azione con qualsiasi mezzo per indirizzare i destini delle nazioni. In questo caso, la nostra. Un blocco che ha solo in apparenza le sembianze della “vecchia” ideologia di stampo comunista ed è invece capace, come abbiamo visto, di appoggiare (o affossare) i suoi referenti di punta per determinare gli effetti prestabiliti sulle economie dei Paesi occidentali. Uno scenario nel quale ad un personaggio come Silvio Berlusconi per vent’anni non si addebitano sul piano giudiziario le responsabilità connesse ad affari e frequentazioni più volte documentate con gli “uomini d’onore”, ma si attua la sua eliminazione dalla scena politica al momento stabilito, attraverso un processo (senza prove) per presunti rapporti con una navigata velina quasi diciottenne.

E’ da qui, da questo blocco, che dobbiamo partire per spiegare come siano finiti sotto i colpi di una violenta ed incessante delegittimazione “giudiziaria” gli stessi magistrati che avevano osato squarciare il velo sui santuari nascosti del potere (nel libro di Pinotti c’è un edificante capitolo sul caso di Clementina Forleo), o quei tanti giornalisti che avevano provato a raccogliere prove ed erano arrivati vicini al grumo di interessi che sta devastando il Paese e decimando la popolazione. Cronisti indipendenti, non protetti dai grossi capitali di editori come Carlo De Benedetti (il quale peraltro, come documentato dallo stesso Pinotti in Fratelli d’Italia, era iscritto alla P2 esattamente come il “nemico” Berlusconi, dal quale oggi pretende altri 32 milioni di “danni non patrimoniali”, dopo che la Cassazione gli aveva già assegnato la stratosferica somma di 494 milioni, sempre di provenienza “cav”).

Ed è sempre a quel blocco che dovremo d’ora in poi riferirci se vorremo capire perche´ centinaia di testimoni di giustizia come Gennaro Ciliberto (vedi anche box a pagina 6), persone oneste che hanno rischiato a viso aperto la propria vita e quella dei loro familiari per far condannare i mafiosi, si vedono costretti ad inscenare manifestazioni dinanzi a Via Arenula, o al Viminale, sono stati abbandonati al loro destino, privati di case, lavoro e spesso anche affetti, al punto che molti non riusciranno nemmeno ad arrivare vivi alle udienze nelle quali saranno chiamati a confermare le tremende accuse che inchiodano i boss, guardandoli in faccia.
 

(tratto da La Voce delle Voci)


lunedì 9 dicembre 2013

RENZI, UN NUOVO GIA' VISTO.

Il "rottamatore" M. Renzi con un vecchio amico C. De Mita.

Firenze: Ritratto di Matteo Renzi, candidato PD a sindaco.

Interessanti i suoi rapporti con dei noti immobiliaristi e altro ancora. Altro che l’Obama fiorentino! (1)


Matteo Renzi è figlio di Tiziano Renzi, ex parlamentare della DC e gran signore della Margherita e della Massoneria in Toscana. Il feudo incontrastato della famiglia Renzi è il Valdarno, dal quale si stanno allargando a macchia d'olio. Il padre di Matteo controlla dalla metà degli anni '90 la distribuzione di giornali e di pubblicità in Toscana. Questo, unito agli affari con la Baldassini-Tognozzi, la società un po' edile e un po' finanziaria che controlla tutti gli appalti della Regione, spiega l'ascesa di Matteo Renzi.
Le prime 10 cose che non vanno di Matteo Renzi:

1) Da presidente della Provincia, tra il 2004 e il 2009, ha acquisito il controllo di tutta la stampa locale, radio e tv, in Toscana. L'ultimo giornale che un po' gli era ostile era "La Nazione". Per questo, in occasione dei 150 anni di questo giornale, ha fatto ospitare dai locali della Provincia, in via Martelli, una mostra che, naturalmente, è stata pagata coi soldi di noi contribuenti. In questo modo, La Nazione è divenuta renziana.

2) Renzi per controllare ancora meglio l'informazione locale, ha trovato un secondo lavoro a moltissimi giornalisti: gli uffici stampa degli eventi organizzati dalla Provincia, come il Genio fiorentino, il suo stesso portavoce, tutta una serie di riviste inutili e costossime per la collettività (Chianti News, InToscana, ecc.) servono a lui e a Martini, il presidente della Regione, a tenersi buoni i cronisti locali. Inoltre, trasmissioni come "12 minuti col Presidente", che va in onda su RTV 38 e Rete 37, gli sono servite a dare delle tangenti legalizzate alle redazioni di queste emittenti che ormai, in lui, riconoscono il vero datore di lavoro.

3) Tra le cose di cui più si vanta Renzi, vi è il recupero di Sant'Orsola. Il grande complesso situato in San Lorenzo, chiuso e abbandonato da molti decenni, sarebbe stato recuperato dalla Provincia -così dice Renzi- conun investimento iniziale di 20 milioni di euro. E questo non è vero. Infatti, a bilancio, a fine anno, la Provincia per Sant'Orsola ha stanziato la miseria di un milione di euro. E' un esempio del suo continuo modo di mentire.

4) Renzi in questi 5 anni ha utilizzato la Provincia allo scopo di promuovere la propria immagine personale coi soldi nostri. A questo servono manifestazioni inutili e costose come "Il Genio fiorentino e "Riciclabilandia". Attraverso l'utilizzo delle consulenze, degli uffici stampa, della commissione di sondaggi, pubblicazioni e pubblicità ha creato una vasta rete clientelare di giornalsti che non ne contraddicono mai le posizioni.

5) L'inchiesta di Castello: Matteo Renzi, come presidente della Provincia, è molto più coinvolto del sindaco Domenici. Infatti, le opere oggetto dell'inchiesta sono quasi tutte commissionate dalla Provincia: tre scuole, una caserma nonché naturalmente il nuovo (e che bisogno c'è?) palazzo della Provincia. Eppure sui giornali ci è finito Domenici.

6) Il braccio destro di Ligresti, patron della Fondiaria, Rapisarda, lo si vede bene nelle intercettazioni telefoniche, pretende che per le commissioni di Castello la Provincia faccia una gara d'appalto. "sennò ci accusano di fare noi il prezzo", spiega Rapisarda al telefono all'assessore Biagi.
Pochi giorni dopo quella telefonata, compare questo titolo su Repubblica: "Renzi contro la Fondiaria: per Castello si farà la gara d'appalto". Ovvero: Renzi è colui che meglio esegue le volontà della Fondiaria e poi appare addirittura come quello contro i poteri forti!

7) Nel 2004 come prima cosa taglia i fondi della Provincia per la raccolta differenziata. Risultato, i Verdi si arrabbiano (giustamente) e lui li espelle dalla Giunta.

8 ) DAl 2004 Renzi ha creato un'infinità di società alle quali la Provincia commissiona eventi culturali, indagini di mercato e così via. Il caso più clamoroso è quello di "Noilink" che, durante le primarie del PD, diventa il suo vero e proprio comitato elettorale!

9) Tutti i giornaletti del cappero che arrivano nelle case dei fiorentinim a partire da "Prima, Firenze!" sono stampati coi soldi della Provincia

10) Nessun giornalista osa fare una domanda su quanto abbiamo riportato nei primi nove punti a Matteo Renzi.


Note: (1) A cura della sinistra unita e plurale (SUP)di Firenzel'articolo è del 2009




Tiziano, il papà massone di  Mtteo Renzi.
Matteo Renzi: il mercato nero della politica

di Andrea Carancini

Con Matteo Renzi ormai siamo al mercato nero della politica.
Intendiamoci, non è che gli altri candidati delle primarie PD siano politicamente migliori di Renzi (tutti hanno firmato l’adesione al Fiscal Compact[1]).
Renzi, però, di suo ci mette una buona dose di strafottenza.
Renzi sta alla politica come il mercato nero sta all’economia di guerra. Perché l’Italia sta in guerra. Almeno in questo, Monti ha detto la verità[2]. La guerra che le elite europee conducono in modo sempre più scoperto contro i rispettivi popoli.
Guerra che nel nostro paese, però, nei trascorsi 60 anni, ha raggiunto punte di particolare ostilità (le stragi di Stato, il terrorismo atlantico).
È la guerra politica di cui parla nei suoi scritti Vinciguerra[3], diventata visibilmente economica con l’adesione dell’Italia all’euro (con lo spread che ha sostituito le stragi, che però potrebbero sempre tornare, alla bisogna).
E, nello stivale del Belpaese ridotto come la calza della Befana che contiene solo carbone, eccoci alle primarie del centro-sinistra – da qualcuno argutamente definite “il primo show del centro-destra senza Berlusconi”.
Eccoci a Renzi. Non è che la maggioranza degli italiani non abbia capito chi è Renzi. Almeno, quelli che guardano la tele l’hanno capito sì, che Renzi è quel bidone settimanalmente irriso da Crozza.
Ma, a quanto pare, agli italiani – o almeno, a una cospicua parte di quelli che hanno votato alle primarie – sta bene così: tra l’Intelligenza e il Potere, continuano a preferire il Potere.
Certo, il PD è lo zoccolo duro del clientelismo politico, è normale che il “partito degli assessori” difenda le proprie rendite di posizione votando per il nuovo campione dell’italico gattopardismo.
Ma è comunque inquietante quella grossa fetta di utili idioti trascinati nell’operazione.
Paradossale: gli italiani, bidonati – e bidonati a sangue  – dalla Casta, come rimedio chiedono più bidoni e più Casta.
Perché, a quanto pare, si continua a pensare che forse ad essere bidonati saranno gli altri, non noi.
Si rinuncia a tutto ma non alla speranza di bidonare il prossimo.
E così ci si aggrappa a Renzi, il figlio di papà, di cui sono ricorrenti le voci di appartenenza massonica (di entrambi, sia il figlio che il papà[4], ma, al di là delle voci, la presenza politica della massoneria nella “discesa in campo” di Renzi sembra evidente[5]).
Mai mi sarei aspettato in questi anni di dover dare ragione a Marchionne. Ma Marchionne l’ha detta giusta, anche se non lo sa: Firenze è diventata davvero una “piccola e povera città”[6]. Dimenticate il Rinascimento e tutto il resto. Piccola e povera per effetto di un declino che è, evidentemente, innanzitutto intellettuale: altrimenti, la città che fu di don Milani e Giorgio La Pira non avrebbe votato un Renzi.
Piccola come l’Italia di Napolitano e di Monti.
Adesso i giornali scoprono le implicazioni affaristiche del renzismo, tirano fuori conti, cifre: non c’è iniziativa, nel “sistema Renzi”[7], che non abbia come motivazione reale il calcolo, l’interesse, il business, anche quando non sembra[8].
Come dice un proverbio inglese: NO LODGE NO BUSINESS, niente loggia (massonica), niente business.
Evidentemente, gli italiani che votano Renzi pensano  di riuscire a intercettare qualche rigagnolo di quel business, non si sa mai.
Non vogliono capire che il voto che gli daranno, se mai diventasse lui il premier, a buona parte di loro costerà caro, anche più della farina al mercato nero.



[1] Attenzione: chi vota alle primarie PD-SEL, vota per l’«Agenda Monti»: http://www.megachip.info/tematiche/beni-comuni/9235-primarie-agenda-montir.html

[2] Monti: per l’Italia percorso di guerra. Polemica sui «mali della concertazione»: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-07-11/monti-litalia-percorso-guerra-212325.shtml?uuid=Abbz0U6F


[4] Altro personaggio di spicco, indicato come Massone, è Matteo Renzi, il “rottamatore” del Pd, il quale per tutta risposta si è fatto ritrarre dai giornali con il padre, democratico e appunto, massone”, in Nei meandri della Massoneria Più di 600 i Liberi Muratori maceratesi: http://www.cronachemaceratesi.it/2012/10/20/nei-meandri-della-massoneria-piu-di-600-i-liberi-muratori-maceratesi/249369/ ; vedi anche MATTEO RENZI tra Big Bang e massoneria: ritratto di un berlusconiano doc: http://www.lavocedilucca.it/post.asp?id=23305 ; Chi è Matteo Renzi (si sapeva molto – anche se non tutto – già dal 2009) – E ora ingaggia suo padre, vecchio democristianone massone: http://iltafano.typepad.com/il_tafano/2012/10/chi-%C3%A8-matteo-renzi-si-sapeva-molto-anche-se-non-tutto-gi%C3%A0-dal-2009-e-ora-ingaggia-suo-padre-vecchio-.html ;

[5] “Le truppe forziste e la compagnia variegata dei grembiulini (leggi massoneria) sono pronte a spendere i due euro, indispensabili per andarlo a votare”: http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-la-prima-figura-da-bischero-di-renzi-bill-clinton-riparte-da-firenze-senza-44666.htm


[7] Il sistema Renzi: amici, famiglia, potere. E un fascicolo sull’uso dei fondi pubblici: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/08/sistema-renzi-amici-famiglia-potere-ma-ce-fascicolo-sulluso-dei-fondi-pubblici/375926/
[8] “Davide Serra, il suo alter ego della finanza internazionale, proprio dal palco della kermesse, ha mostrato ancora una volta il suo lato pop, discettando di scout e solidarietà, altro che paradisi fiscali alle Cayman”, in Matteo Renzi-Fondazione di Firenze investe in CoCo bond del fondo di Davide Serra: http://www.eliolannutti.it/blog/2012/11/matteo-renzi-fondazione-di-firenze-investe-in-coco-bond-del-fondo-di-davide-serra/

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venerdì 29 novembre 2013

Le radici profonde non gelano

"...Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,
Le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta..."
John R. R. Tolkien

venerdì 1 novembre 2013

Le origini naziste della NATO: gli obiettivi di Hitler implementati dall’occidente.

 di Robert S. Rodvik

Chi ha dato alla NATO il diritto di governare il mondo? L’autore chiarisce come le élite occidentali, molte delle quali furono sostenitrici di Hitler, salvarono numerosi gerarchi nazisti e li misero nella condizione di continuare l’ultradecennale lotta contro la Russia. L’uno per cento dell’epoca e l’uno per cento di oggi, condannarono a morte milioni di persone per attuare quello che nel 1918 Winston Churchill indicò come “strangolare nella culla” la minaccia bolscevica. Il controllo totale dei cosiddetti media mainstream favorì tale azione odiosa.



Molti scrittori hanno documentato come le élite inglesi e statunitensi finanziarono l’ascesa al potere di Hitler e come, finché non rivolse le sue forze verso ovest, non intrapresero azioni difensive contro il Terzo Reich. In Gran Bretagna, i membri dell’élite del Right Club, spesso con la complicità del governo, sostennero segretamente le azioni di Hitler contro gli ebrei, i comunisti e i socialisti. Il duca di Wellington era un noto antisemita e membro del Right Club. Edoardo VIII, noto come “il re traditore” era un grande amico di Adolf Hitler e fu costretto a rinunciare al trono non a causa di Wallis Simpson, ma perché si scoprì che passava documenti sulle operazioni belliche inglesi ai nazisti. L’aristocrazia, dopo tutto, non ha mai aspirato alla condivisione delle ricchezze con le classi inferiori, e Adolf perseguiva ugualmente tali obiettivi, come la distruzione degli untermenschen. prevista nel piano A della sua strategia di conquista dell’Europa e della Russia.
 

La Banca dei Regolamenti Internazionali fu una creazione congiunta degli anni ’30 tra le banche centrali del mondo occidentale, compresa la Federal Reserve Bank di New York. Montagu Norman, governatore della Banca d’Inghilterra, era un sostenitore totale di Hitler e quando i nazisti invasero l’Austria nel 1938, la maggior parte dell’oro del Paese fu imballato e caricato nel caveau controllato dalla Banca dei Regolamenti Internazionali, la principale banca centrale del mondo occidentale. In seguito i nazisti entrarono a Praga, presero i dirigenti della Banca nazionale ceca in ostaggio e  chiesero di cedere il controllo delle riserve auree del Paese, qualcosa come circa 48 milioni di dollari. Informati che l’oro era già stato trasferito nei caveau di Londra, cercarono di contattare Montagu Norman, che trasferì immediatamente i soldi ai tedeschi per alimentarne la macchina da guerra. Un vero amico. Gli Stati Uniti d’America non erano ancora al vertice del potere imperialista mondiale, ma molte loro élite erano allineate ai sentimenti delle élite britanniche. Uno dei protagonisti favorevoli  all’ascesa di Adolf Hitler e del partito nazista non fu altri che Prescott Bush, padre di George Herbert Walker Bush e nonno di G. W, Bush, i futuri presidenti, e del G. W. H. Bush capo della CIA. Questi criminali di guerra mantennero la loro popolarità tra la destra statunitense grazie al  supporto dei media compiacenti che oscurarono presso la popolazione le loro relazioni da amanti dei nazisti.
 

Prescott Bush con il presidente Dwight Eisenhower
Nel loro libro George Bush: The Unauthorized Biography, Webster G. Tarpley e Anton Chaitkin scrivono quanto segue: “Nell’ottobre del 1942… Prescott Bush era Managing Partner della Brown Brothers Harriman. Suo figlio 18,enne George, futuro presidente degli Stati Uniti, aveva appena iniziato l’addestramento da pilota della marina. Il 20 ottobre 1942 il governo degli Stati Uniti  ordinò il sequestro delle operazioni bancarie dei nazisti tedeschi a New York, che venivano gestite da Prescott Bush. Sotto il Trading with the Enemy Act, il governo sequestrò l’Union Banking Corporation, di cui Bush era direttore. L’US Property Custodian sequestrò le quote azionarie dell’Union Banking Corp., di proprietà di Prescott Bush, E. Roland “Bunny” Harriman, tre dirigenti nazisti e altri due collaboratori di Bush”. [1]  Tarpley e Chaitkin aggiungono: “La famiglia del presidente Bush aveva già svolto un ruolo centrale nel finanziamento e armamento di Adolf Hitler nell’ascesa in Germania… decidendo che Prescott Bush e altri dirigenti dell’Union Banking Corp. fossero legalmente i prestanome dei nazisti, il governo evitò un più importante problema storico: in che modo i nazisti di Hitler furono arruolati, armati e istruiti dalle cricche di New York e Londra, di cui Prescott Bush era un direttore esecutivo?” [2] Tra coloro che sostennero l’ascesa al potere di Adolf Hitler vi fu l’industriale Henry Ford, un noto giudeofobo. Tra i suoi altri crimini, Ford… “ha rifiutato di costruire motori per aerei per l’Inghilterra e invece fornì e costruì i camion militari da 5 tonnellate che furono la spina dorsale della logistica  dell’esercito tedesco.” [3] L’elenco degli industriali statunitensi legati al nazismo è troppo lungo da spiegare qui, ma si può vederlo nell’eccellente libro di Charles Higham, “Trading With The Enemy: the Nazi-american plot 1933 – 1949”. [4]
 

Chiaramente importanti finanzieri occidentali erano al fianco di Hitler, occupati a fornirgli i fondi per il riarmo militare finché non li tradì attaccando l’Inghilterra, unendo gli alleati per sconfiggere le forze naziste. In questo sforzo venne formata una diabolica alleanza, quella tra le potenze occidentali e l’Unione Sovietica, la principale forza che sconfisse le legioni hitleriane. Eppure, molto prima della fine della guerra, inglesi e statunitensi complottarono per reindirizzare le proprie energie contro i sovietici, un déjà vu del 1918, quando gli occidentali attuarono l’invasione contro i bolscevichi, certamente l’evento principale meno noto della storia moderna. A tal fine inglesi e statunitensi salvarono i più sanguinari criminali di guerra nazisti, ricercati dai loro stessi governi, e li inserirono negli apparati terroristici inglese e statunitense.
Come scrive Michael McClintock: “fu subito dopo la creazione delle Nazioni Unite che i leader statunitensi trovarono necessario, come questione d’interesse, violare le nuove regole che pubblicamente lodavano. Così facendo, crearono nuovi sistemi con cui eludere la responsabilità nel violare la legge, tra cui un enorme apparato per le azioni segrete e, tramite uno sforzo straordinario, presentare le azioni degli Stati Uniti, di qualunque natura, come fossero in accordo con il diritto internazionale”. [5] Allo stesso tempo, mentre l’occidente progettava le sue azioni segrete contro il suo alleato della seconda guerra mondiale, creò anche il club terroristico noto come NATO, l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord. Quasi ogni sua parte fu un’impresa nazista. Il generale nazista Reinhard Gehlen, per esempio, che aveva guidato l’ufficio Russia del Oberkommando der Wermacht (OKW – Quartier generale supremo di Hitler) e che fu consulente della Soluzione Finale, venne segretamente trasferito negli Stati Uniti dove avrebbe consegnato il suo vasto archivio segreto sull’Unione Sovietica, e quindi creato l’ufficio Russia della neonata CIA. [6] Gehlen sarebbe poi tornato in Germania del dopoguerra, dove fu messo a capo del nuovo Bundesnachrichtendienst (BND) della Germania, il servizio segreto tedesco. In sostanza, due uffici sulla Russia (almeno) operarono invece di uno solo, entrambi con lo stesso fine ultimo: distruggere l’Unione Sovietica e il comunismo.
 

Centinaia se non migliaia di ex-nazisti trovarono nuova vita lavorando per conto di Stati Uniti, Gran Bretagna e Canada mentre la guerra fredda iniziava, ed ora gli stragisti fecero politica grazie agli stessi Lord of the Manor che avevano sostenuto Hitler all’inizio. E con gli stessi ex-nazisti rimessi in attività, ogni crimine fu impiegato contro i sovietici per evitare qualsiasi sfida al diritto del capitale globale di dettare le condizioni della schiavitù. La Germania Ovest, ora diretta da ex-nazisti sotto il cancelliere Konrad Adenauer, aderì alla NATO nel 1954 e Gehlen mantenne i contatti con il suo mentore filo-nazista Allen Dulles, che sarebbe diventato capo della CIA, e con il fratello John Foster Segretario di Stato. Presto la NATO iniziò a mettere solidi e veri nazisti ai vertici dell’organizzazione. Il generale Hans Speidel, per esempio, divenne comandante in capo nel 1957 di AFCENT (Allied Forces Central Europe). L’ammiraglio nazista Friedrich Guggenberger entrò nel potente comitato militare della NATO di Washington e il generale Adolf Heusinger (vecchio capo di Gehlen all’OKW di Hitler), ne divenne il presidente. Al Quartier generale supremo delle potenze alleate in Europa (SHAPE), Gehlen riuscì a piazzare diversi collaborazionisti dei nazisti in posizioni vitali [7]. Tra questi il colonnello Hennig Strumpell, che divenne vice del Maggior-Generale inglese Charles Traver, assistente del Capo di Stato Maggiore (Intelligence) presso lo SHAPE. Il colonnello Heinz Koller-Kraus divenne responsabile della logistica presso l’AFCENT di Speidel. Molti altri uomini di Gehlen presto entrarono nella NATO per definirne la politica. [8] Con gli stessi nazisti ben integrati nella NATO e la CIA diventata un’estensione della vecchia agenzia d’intelligence nazista di Gehlen, la Neue Weltordnung in sostanza fu trasferita dal Reichstag di Berlino al Pentagono e alla CIA di Langley, in Virginia.
 

W. A. Harriman tra Winston Churchill e Stalin. *
In aggiunta ai piani di guerra antisovietici, le élite degli USA riconobbero il valore del ministero della Verità di Goebbels e applicarono le lezioni apprese nella più sofisticata rete di propaganda del mondo mai creata. Tutte le guerre occidentali avrebbero ora avuto titoli illusori, come ad esempio: “guerre per la democrazia”, “guerre per la pace”, “guerre per la giustizia”, “guerre umanitarie” e così via. Le élite finanziarie aziendali che gestiscono il Regno Unito e il Canada si affrettarono ad adottare gli stessi elementi essenziali. Due componenti delle guerre di propaganda di Stati Uniti/Regno Unito/Neue Weltordnung nazista furono Radio Free Europe e Radio Liberty, create con personale ex-nazista di Gehlen e finanziate dalla CIA. [9] Questi stragisti nazisti istituirono l’ufficio ungherese, affinché armassero e assistessero gli elementi clandestini filo-nazisti in Ungheria che, insieme alla CIA, istigarono la rivolta ungherese che i sovietici repressero brutalmente [10]. Lo scopo principale di questo episodio, però, non aveva a che fare con i morti e i moribondi, ma piuttosto diffondere propaganda ritraendo l’”Impero del Male” che doveva essere distrutto. [11]
 

Il dr. Eberhardt Taubert aderì al partito nazista nel 1931 e fu presto promosso al rango di Sturmführer al ministero della Propaganda di Goebbels. Dopo la guerra, Taubert scappò in Sud Africa dove trovò conforto tra i neo-nazisti al potere a Johannesburg, occupati a progettare il sistema dell’apartheid. Negli anni ’50 tornò in Germania e si unì al vecchio amico nazista Reinhard Gehlen, diventando membro del BND. Nel suo nuovo ruolo al BND/CIA, Taubert divenne presidente dell’”Associazione Nazionale per la Pace e la Libertà” della CIA, diventando anche consigliere del ministro della Difesa tedesco, l’ex-nazista Franz Josef Strauss; fu poi assegnato da Strauss alla NATO come consulente del “Dipartimento guerra psicologica”. Il ministero della Verità di Goebbels viene riciclato per alimentare racconti fondamentalisti cristiani di nuovo conio, ma familiarmente vecchi e sordidi, ma dal nuovo confezionamento. [12]
La NATO fu anche strettamente collegata ad una serie di attentati terroristici in Italia negli anni ’70-’80, al fine di creare la “strategia della tensione” volta a consentire alla destra fascista di andare al potere e, quindi dare “stabilità” al Paese. Questo piano usò numerosi terroristi di estrema destra, come Stefano Delle Chiaie di Ordine Nuovo ed altre anime dementi che piazzarono bombe in luoghi pubblici, uccidendo centinaia di persone e sostenuti dai terroristi nazisti di Gehlen e della NATO. Anche se ben nascosta in Europa, grazie alla complicità dei media, la narrazione fallì in questo caso. In sostanza costoro e i loro seguaci gestiscono la NATO che oggi uccide in giro nel mondo grazie a fantocci come Barack Obama, Steve Harper e altri satrapi occidentali che posano da difensori dell’umanità. E’ troppo da accettare senza perdere l’appetito più e più volte.

(tratto da Rete Voltaire 21 giugno 2012)

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell'autore. Le ho pubblicate perchè contengono spunti interessanti di riflessione, che valgono la pena di essere approfonditi autonomamente dal lettore. Altri li aggiungo io di seguito.
Se è più che noto che l'ascesa del Socialnazionalismo fu finanziata da esponenti dell'aristocrazia finanziaria anglosassone, meno noto è però che anche la Rivoluzione Russa fu favorita dagli stessi ambienti internazionali (a)  come, anche, che essa ebbe origine in altri più incredibili. Infatti se è oggi comunemente accettato che i Padri costituenti americani erano Massoni (secondo alcuni Rosacruciani) e che la Rivoluzione Francese ebbe origine negli stessi circoli iniziatici, meno conosciuto è il ruolo della Massoneria nella Rivoluzione Bolscevica in Russia (b).






Nell'articolo poi si sostiene che l'estremismo di destra fu funzionale alla cosidetta "strategia della tensione" e come questo fosse profondamente "organico" ai servizi segreti atlantici, cosa ampiamente dimostrata storicamente. In realtà, a mia opinione, l'intenzione non era certo quella di portare al potere un governo manifestatamente autoritario, come quello dei colonnelli in Grecia, quanto di usare "le estreme", rosse o nere che fossero (come anche i famosi golpisti), per consolidare lo status quo e quelle forze politiche ed economiche che ne erano i "domini". Non a caso Junio Valerio Borghese che fu l'ideatore del tentato golpe che porta il suo nome, ad un certo punto quando ogni cosa era pronto per l'azione fermò tutto. Si era reso conto che non avrebbe avuto alcun successo, ma sarebbe stato solo "uno strumento" per rafforzare proprio quel sistema che intendeva smantellare. Cosa che, invece, nel tentato colpo di Stato del 23 febbraio 1981 in Spagna (conosciuto come "23-F2") il tenente colonnello Antonio Tejero, che lo guidava, non comprese. Le conseguenze più rilevanti di tale tentato golpe furono l'avvio di un processo di involuzione delle "autonomie" ed il rafforzamento nell'opinione pubblica e negli ambienti politici della Monarchia, allora appena nata ed ancora non universalmente accettata.



Vi è però anche da dire che l'Italia sin dalla fine della II Guerra Mondiale è un paese a sovranità limitata, ma anche strategico per il suo ruolo di "portaerei" naturale nel Mediterraneo. E' con la Germania il paese Europeo che vede la presenza di più basi ed installazioni militari NATO. E' anche il paese che più ha avuto una storia di estremismi politici contrapposti e di terrorismo.  Cosa rilevata anche dal politologo Galli della Loggia che esaminò il problema dell'anomalia italiana in riferimento al terrorismo mettendo in luce come l'Italia sia il solo grande paese Europeo ove il terrorismo politico ha una sua lunga cittadinanza. (c)
Ciò è naturale essendo l'Italia campo di battaglia fra i due blocchi contrapposti, quello sovietico e quello occidentale. Così se l'estremismo di destra era alimentato dai servizi di intelligence occidentali, quello di sinistra lo era dai paesi del blocco comunista, ma anche da altri paesi come quelli arabi, interessati anch'essi ad avere un ruolo politico nel perseguire i propri contingenti interessi.  Un gioco però per nulla chiaro, come da me poc'anzi rappresentato, anche perchè spesso le cose non lo erano affatto. 
Abbiamo detto di come i paesi comunisti finanziassero, armassero ed addestrassero le formazioni terroristiche "rosse"(d), ma importante fù anche il ruolo dell'OLP (e) e di paesi quali la Siria e la Libia (f) (g).
Se ciò è certo, oggi si discute anche di come gli stessi movimenti terroristici di sinistra fassero stati infiltrati dai servizi occidentali per manovrarli a loro piacimento, a cominciare proprio dalle Brigate Rosse




Dubbi che toccano anche lo stesso Mario Moretti che fu leader delle Brigate Rosse, dopo l'arresto di Renato Curcio nel 1976. Infatti sia Curcio che Semeria, ventilarono l'ipotesi che dietro il loro arresto ci fosse Moretti (h), considerato un informatore delle forze dell'ordine. Oggi invece si immagina che sia stato addirittura un infiltrato CIA o comunque abbia avuto un ruolo molto dubbio tanto da far dire al Generale Dalla Chiesa nella sua deposizione alla commissione sul terrorismo nel 1982: “Le BR  senza Moretti sono una cosa. Le BR con Moretti sono un’altra.” (i)
Certo è, che il terrorismo è da sempre molto di più che la lotta di resistenti, insorgenti o rivoluzionari.
Spesso diventa strumento di "interessi" eterogenei anche distanti od opposti a quelli che apparentemente persegue. 
Così, oggi, vediamo i paesi occidentali finanziare, sostenere militarmente e logisticamente in Siria, movimenti e gruppi fondamentalisti ed integralisti islamici, che in casa propria considerano terroristici. Evidentemente mondo era e mondo è. (Enzo)

Note all'articolo
[1] Office of Alien Property Custodian, Vesting Order No. 248. L’ordine fu firmato da Leo T. Crowley, Alien Property Custodian, executed October 20, 1942; F.R. Doc. 42-11568; Filed, November 6, 1942, 11:31 A.M.; 7 Fed. Reg. 9097 (Nov. 7, 1942). Vedasi anche New York City Directory of Directors (presso la Library of Congress). I volumi degli anni ’30 e ’40 indicano Prescott Bush direttore dell’Union Banking Corporation dal 1934 al 1943.
[2] Webster Tarpley e Anton Chaitkin, George Bush: The Unauthorized Biography.
[3] Charles Higham, Trading With The Enemy, A Dell Book, 1983, p.23.
[4] Ibidem, p.177.
[5] Michael McClintock, Instruments of Statecraft, Pantheon Books, New York 1992, p.24.
[6] E. H. Cookridge, Gehlen, Gehlen, Spy of the Century, Random House, NY, 1972.
[7] Ibidem, p. 301.
[8] Ibid.
[9] Ibid.
[10] Ibid.
[11] The Progressive, “Turn it Off” settembre 1993, p.10.
[12] Ibidem, pp.10-11.

Nota alla foto
* Il padre di "Poppy” si chiamava Prescott Sheldon Bush. Come lo sarebbero stati a loro volta i suoi discendenti, fu membro della Skull & Bones, società che gli permise di entrare in contatto con le famiglie Harriman e Walker, formatesi anch’esse a Yale. L'unione con Dorothy Walker, figlia del ricco industriale George Herbert Walker, non era destinata a generare solo molti figli, ma anche grandi affari tra il clan dei Bush e quello dei Walker (sempre sotto l'ala protettrice degli Harriman e dei Rockefeller, naturalmente).
Il 20 ottobre 1942, dieci mesi dopo la dichiarazione di guerra al Giappone e alla Germania da parte degli Stati Uniti, il presidente Roosevelt ordinò la confisca delle azioni della Union Banking Corporation (UBC) in quanto accusata di finanziare Hitler e di avere ceduto quote azionarie a importanti gerarchi nazisti. Prescott Bush era allora azionista e direttore dell'UBC. Una questione del massimo interesse, considerato che, dopo essere salito al potere nel 1933, Hitler aveva decretato l'abolizione del debito estero tedesco, contratto in larga parte in seguito al Trattato di Versailles. 
Ogni credito internazionale alla Germania nazista era pertanto interrotto. La famiglia Harriman e il suo socio Prescott Bush si incaricarono di effettuare presso la borsa di Wall Street le operazioni necessarie affinché tramite Franz Thyssen e Friedrich Flich - grande amico di Himmler e patrocinatore delle "camicie brune", le SS e le truppe di assalto (SA) - Hitler potesse avere parziale accesso a crediti internazionali, senza i quali non sarebbe mai riuscito a finanziare le importazioni richieste dalla sua industria bellica.
Il 28 ottobre 1942, Roosevelt ordinò la confisca delle azioni di due compagnie statunitensi che contribuivano ad armare Hitler, la Holland American Trading Corporation e la Seamless Equipment Corporation, entrambe amministrate dalla banca di proprietà della famiglia Harriman, di cui era allora direttore Bush. L’8 novembre 1942, mentre in Africa, vicino ad Algeri, si registravano sanguinosi scontri in cui migliaia di soldati americani perdevano la vita, il presidente Roosevelt ordinò la confisca delle azioni della Silesian-American Corporation, gestita ormai da diversi anni da Prescott Bush e da suo suocero George Walker. Le quattro confische ebbero luogo nel quadro del "Trading with the Enemy Act”, legge volta a punire chiunque portasse avanti affari con il nemico.
La stretta collaborazione che legò Hitler al nonno e al bisnonno dell'attuale presidente George W Bush - e dunque a due diversi rami della sua famiglia - si può far risalire a ben prima dell'ascesa del nazismo al potere. Oltre che con Hitler la famiglia Harriman, Prescott Bush e George Walker avevano stabilito anche legami con Mussolini. Tramite l'accordo con la German Steel essi fornivano a Hitler, tra le altre cose, il 50,8 per cento dell'acciaio da cui si ricavavano gli armamenti del Terzo Reich, il 45,5 per cento dei condotti e delle tubature della Germania nazista e il 35 per cento del materiale esplosivo con cui Hitler avrebbe sterminato molti dei suoi nemici. 
Ogni membro dei Partito Nazionalsocialista (NSDAP) che ricoprisse una carica dì rilievo aveva diritto a un viaggio gratuito concesso da un'altra delle compagnie dei Bush e dei Walker, la Hamburg-Amerika Line : questa, che deteneva il monopolio degli affari tra gli Stati Uniti e la Germania di Hitler, gli aveva reso un prezioso servizio nel 1932, anno in cui la Repubblica di Weimar, ormai al tramonto, aveva compiuto un ultimo, disperato e vano tentativo di impedirne l'ascesa.  Il governo di Weimar era sul punto di ordinare lo smantellamento delle milizie private di Hitler, ma la Hamburg-Amerika Line si era incaricata di rendere pubblica questa notizia, sostenendo in tal modo una vera e propria propaganda politica a favore di Hitler e contro la Repubblica di Weimar. 
Le sorprese non finiscono però qui: oltre al sostegno offerto ai nazisti, si profilano altre questioni interessanti. Tanto per fare un esempio, per Hitler e Stalin sarebbe stato molto più complicato sostenere una guerra aperta se la banda Harriman-Bush-Walker non avesse allo stesso tempo armato Hitler fino ai denti e rifornito di carburante le truppe russe. Era dagli anni Venti che la famiglia Walker estraeva petrolio da Baku (Azerbaigian) per poi rivenderlo all'Armata Rossa.
Prima che scoppiasse la Seconda Guerra Mondiale, e ancora durante il conflitto, una joint venture legava la Standard 0il, di proprietà della famiglia Rockefeller, alla I.G. Farben, un'imponente industria chimica tedesca. Molti degli stabilimenti comuni alla Standard Oil e alla I.G. Farben situati nelle immediate vicinanze dei campi di concentramento nazisti - tra cui Auschwitz, per esempio - sfruttavano il lavoro dei prigionieri per produrre un’ampia gamma di prodotti chimici, tra cui il Cyclon-B, gas letale molto diffuso nei lager per sterminare le stesse persone che erano costrette a produrlo. E nonostante il bombardamento sistematico con cui rasero al suolo moltissime città tedesche durante la guerra, le truppe statunitensi agirono sempre con estrema cautela quando si trattava di colpire zone in prossimità di questi stabilimenti chimici. Nel 1945 la Germania era sotto un cumulo di macerie, ma gli stabilimenti erano tutti intatti.
(Tratto da “Hitler ha vinto la guerra”)

Note al commento
(a) In un bell’articolo di Gennaro Sangiuliano «Il Giornale» del 30 ottobre 2009 si parla delle carte dei servizi segreti inglesi riguardanti il soggiorno a Capri di Lenin e dei futuri capi bolscevichi. Lenin tra il 1908 e il 1910 trascorse due periodi a Capri, «in una delle ville più belle dell’isola, curato da una vasta servitù». Nel 1909 prese là il via la cosiddetta «Scuola di Capri», sintesi della più ampia sigla «Scuola della tecnica rivoluzionaria per la preparazione scientifica dei propagandisti del socialismo russo». Perché i servizi inglesi si interessavano ai soggiorni capresi di Lenin & soci? Perché nella «perla del Mediterraneo» ci andava il gotha internazionale del tempo. Pure gli esponenti della Germania imperiale che poi avrebbe finanziato l’impresa di Lenin in Russia. Particolarmente assiduo era il panfilo Germania, di Alfred Krupp, re dell’acciaio suicidatosi quando si era scoperta la sua predilezione per i ragazzotti locali. Sua figlia Bertha (che diede il suo nome al megacannone che nella Grande Guerra sparava su Parigi) ospitava spesso sul panfilo il generale Hindenburg (poi presidente del Reich). Una celebre foto mostra Lenin che gioca a scacchi con Gorkij attorniato da altri amici (la foto verrà più volte ritoccata ai tempi di Stalin, facendo sparire via via quelli che venivano eliminati). Ma diceva Lenin, coerentemente: «Tra gli uomini non può esistere alcun tipo di rapporto configurabile come “amicizia” che esuli dai rapporti politici, di classe e materiali». A Capri, scrive Sangiuliano, «venne spartita una parte del bottino della famosa rapina al treno blindato di Tiflis, organizzata da Stalin, che rese ricchi i bolscevichi». Ed ecco una cosa che non sapevo: «Una volta al potere, al Cremlino, Lenin diventerà un collezionista di orologi di lusso e di automobili».

(b) Lo Zar era assolutamente contrario all’istituzione di un banca centrale russa, privata e gestita direttamente dall’oligarchia finanziaria e quindi dai poteri forti che decisero di rovesciare il suo regime. La Rivoluzione Russa venne finanziata da Wall Street. A partire dal 1905 la banca Kuhn Loeb and Co. (americana) Iniziò a sostenere economicamente la Rivoluzione fornendo denaro a leader storici come Lenin, Trotsky e Zinoviev. Fiumi di soldi giunsero anche dai banchieri Schiff e Warburg con l’appoggio dello Stato Maggiore Tedesco. All’indomani della Rivoluzione Russa l’élite iniziò il saccheggio delle terre dello Zar e la Standard Oil dei Rockefeller riuscì ad acquisire il 50% dei campi petroliferi del Caucaso. Il celebre massone Lev Trotsky venne ospitato gratuitamente dai Rockefeller presso la proprietà della Standard Oil a Bayonne (New Jersey). Trotsky ricevette il passaporto americano dai Rockefeller che fecero intervenire personalmente il presidente massone Woodrow Wilson. Nel 1917 lo Zar abdicò e Trotsky fu posto alla testa di trecento rivoluzionari comunisti, si dice reclutati dal Lower East di New York per recarsi in Russia al suo fianco. Come si dice che tutto il nascente establishment sovietico venne scelto, preparato e finanziato dalla “mano nascosta” della massoneria con i denari di taluni "poteri forti". Ricostruzioni storiche non provate vogliono che persino il sanguinario Josif Stalin e l’illustre ideologo del comunismo Karl Marx fossero segretamente affiliati alla confraternita . Gli stessi simboli della falce e martello scelti come emblema della Rivoluzione Bolscevica sono simboli massonici, al pari della stella rossa a cinque punte utilizzata per rappresentare il regime sovietico. Ma se le origini della Rivoluzione Russa vanno ricercate nei soliti interventi "estarni", ben più difficile è affermare, come fanno certi circoli politici estremisti, che lo stesso nuovo regome comunista sia stato marionetta delle grandi élite internazionali. 
Per approfondire è da leggere anche l'opera di Oscar Sanguinetti "Le fonti finanziarie del comunismo e del nazionalsocialismo"  
(c) Corriere della Sera 27 aprile 2007.
(d) L'ombra del KGB sull'Europa di Renzo Paternoster.
(e)  Leggi da Gnosis "La rete internazionale del terrorismo italiano"
(f) "Il terrorismo. soprattutto medioerientale, aveva il fine strategico di internazionalizzare la questione palestinese e la connessa lotta per l'egemonia tra i vari paesi arabi nell'area, non certo quello di rovesciare i sistemi politici europei. Certo è il nesso tra Irish Republican Army e Libia fino al 1984, tra Brigate Rosse, Baader-Mainhof, neonazisti e Lupi Grigi turchi nei campi di Abu Mussa nella Valle della Bekaa, tra Hizballah iraniani e guerriglia in Cecenia e nei Balcani." in "Il terrorismo dopo la guerra fredda" di Marco Giaconi.
(g) "Nell'Europa Occidentale il movimento di resistenza palestinese svolgeva una funzione analoga a quella dei cubani in America Latina. I Sovietici fornivano armi, munizioni, consulenza tecnica e militare, addestramento strategico; i Palestinesi rivendevano il tutto ai gruppi armati europei. Un Magistrato italiano mi ha spiegato: I sovietici avevano organizzato una catena di Fai-da-te terroristico in tutto il Medio Oriente e l'avevano data in gestione ai Palestinesi. Da "Terrorismo S.p.A." Di Loretta Napoleoni, pag. 88, ediz. Il Saggiatore.

mercoledì 23 ottobre 2013

Maggioranza e opposizione.

di Piero Calamandrei
 
Piero Calamandrei
« La libertà è come l'aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare » (Piero Calamandrei

Questa riflessione di Calamandrei fatta al tempo del primo parlamento della Repubblica, a quasi sessant'anni di distanza è ancora attuale ai nostri giorni e vale tanto per il più importante organo rappresentativo dei cittadini italiani quanto per il più piccolo consiglio comunale. (Enzo)

Per far funzionare un parlamento, bisogna essere in due, una maggioranza e una opposizione. La maggioranza, affinché il parlamento funzioni a dovere, bisogna che sia una libera intesa di uomini pensanti, tenuti insieme da ragio¬nate convinzioni, non solo tolleranti, ma desiderosi della discussione e pronti a rifare alla fine di ogni giorno il loro esame di coscienza, per verificare se le ragioni sulle quali fino a ieri si son trovati d'accordo continuino a resistere di fronte alle confutazioni degli oppositori. 

La maggioranza? Una libera intesa di uomini pensanti
Per far funzionare un parlamento, bisogna essere in due, una maggioranza e una opposizione. Ma non nel senso gastronomico in cui quel ghiottone che fu Iarro soleva dire che «per mangiare un tacchino bisogna essere in due: io e il tacchino»; questa ricetta da buongustaio non vale per il parlamento, dove la maggioranza non deve essere un ventricolo pronto a trangugiare l'opposizione, né un pugno per strangolarla, né un piede per schiacciarla come si schiaccia un tafano sotto il tallone.
      La maggioranza, affinché il parlamento funzioni a dovere, bisogna che sia una libera intesa di uomini pensanti, tenuti insieme da ragionate convinzioni, non solo tolleranti, ma desiderosi della discussione e pronti a rifare alla fine di ogni giorno il loro esame di coscienza, per verificare se le ragioni sulle quali fino a ieri si son trovati d'accordo continuino a resistere di fronte alle confutazioni degli oppositori. Se la maggioranza si crede infallibile solo perché ha per sé l'argomento schiacciante del numero e pensa che basti l'aritmetica a darle il diritto di seppellire l'opposizione sotto la pietra tombale del voto con accompagnamento funebre di ululati, questa non è più una maggioranza parlamentare, ma si avvia a diventare una pia congregazione, se non addirittura una società corale, del tipo di quella che durante il fatidi¬co ventennio dava i suoi concerti nell'aula di Montecitorio.
      Chi dice che la maggioranza ha sempre ragione, dice una frase di cattivo augurio, che solleva intorno lugubri risonanze; il regime parlamentare, a volerlo definire con una formula, non è quello dove la maggioranza ha sempre ragione, ma quello dove sempre hanno diritto di essere discusse le ragioni della minoranza.
L’opposizione? Una forza propulsiva del Parlamento
Ma anche l'opposizione, se si vuol che il parlamento funzioni, non deve mai perdere la fede nella utilità delle discussioni e nella possibilità che hanno gli uomini, anche uno contro cento, di persuadersi tra loro col ragionamento (che è qualcosa di diverso dalle vociferazioni e dalle invettive). Anche se ridotta a un esiguo drap¬pello di pochi isolati, l'opposizione deve esser convinta di poter prima o poi, colla ostinata fede nella bontà delle proprie ragioni, disgregar la maggioranza e trascinarla con sé; e deve guardarsi dal complesso di inferiorità consistente nel credere che restar fuori dal governo voglia dire esser fuori dal parlamento o ai margini di esso, quasi in esilio o in penitenza.
      In realtà, se la opposizione intende l'importanza istituzionale della sua funzione, essa deve sentirsi sempre il centro vivo del parlamento, la sua forza propulsiva e rinnovatrice, lo stimolo che dà senso di responsabilità e dignità politica alla maggioranza che governa: un governo parlamentare non ha infatti altro titolo di legittimità fuor di quello che gli deriva dal superare giorno per giorno pazientemente i contrasti dell'opposizione, come avviene del volo aereo, che ha bisogno per reggersi della resistenza dell'aria.
      Si dirà che questo idilliaco quadro del governo parlamentare pecca di ingenuo ottimismo. E sia pure. Ma insomma, chi vuol sul serio il sistema parlamentare, non può concepirlo che così: altrimenti del parlamento resta soltanto il nome sotto il quale può anche rinascere di fatto la Camera dei fasci e delle corporazioni.
Quel che manca è un terreno comune di discussione
Ora, a guardar le prime prove date dal nuovo parlamento italiano, ci sarebbe da credere che in questa camera (parlo specialmente della camera dei deputati) gli elementi indispensabili del sistema parlamentare, una maggioranza e una opposizione, manchino purtroppo tutt'e due. Certo, a guardare al numero, una maggioranza c'è: e come plumbea e massiccia! E in quanto all'opposizione, se per costituirla bastassero i clamori, anche i sordi si accorgerebbero che l'opposizione non tace.
     Ma quel che manca per ora tra queste due quantità contrapposte è un terreno comune di discussione, sul quale possa svolgersi quella dialettica di ragionati contrasti che è già, nelle lotte parlamentari, un modo di solidarietà e di collaborazione. Affinché dall'incontro della tesi coli'antitesi venga fuori la sintesi, ossia, per parlar più semplice, affinché dalle discussioni tra due contraddittori venga fuori una soluzione intermedia che abbia qualche costrutto pratico, occorre prima di tutto che tutt'e due cerchino di capirsi, cioè di capire almeno quali sono i punti del loro dissidio ma in questo parlamento sembra proprio, finora, che i due antagonisti facciano di tutto per non capirsi, per non incontrarsi se non in veri e propri incontri di natura pugilistica; l'opposizione non fa nulla per farsi ascoltare, la maggioranza si rifiuta energicamente di stare ad ascoltare l'opposizione. Vanno avanti, gli uni e gli altri, per proprio conto, su due diversi piani, sui quali non avranno mai l'occasione di imbattersi e di guardarsi in faccia.
Un livello qualitativo assai più scadente
Non c'è dubbio che il livello qualitativo della nuova camera è molto più scadente di quello dell'assemblea costituente. I migliori componenti di questa, i parlamentari più vecchi e più autorevoli, ed anche quei pochi uomini politici nuovi che si erano distinti nelle commissioni della costituzione, sono passati al senato, o sono rimasti soccombenti nelle elezioni.
Il difetto fondamentale del sistema proporzionale, che è quello di portare in parlamento non uomini qualificati per i loro meriti individuali, ma pedine di un partito (tantoché talvolta ci si domanda perché le sedute parlamentari non si riducano per semplicità a riunioni dei soli capigruppo, ognuno dei quali si porti in tasca per le votazioni tante palline quanti sono i deputati ai suoi ordini), è stato aggravato, nell'interno delle liste di partito, da quell'infido congegno di selezione a rovescio che è il giuoco delle preferenze: in grazia del quale, in ciascuna lista, vengono a galla i più intriganti a scapito dei più meritevoli, che sono sempre i più discreti e i meno disposti all'intrigo. […]
     E tuttavia, anche a non voler vedere la situazione in luce drammatica, certo è questo: che per ora, in questa camera, una opposizione parlamentare non c'è; che per ora manca, in questo parlamento, quella dialettica di ragionati contrasti, che è lo stimolo vitale .di ogni regime democratico.
     Bisogna che, questa opposizione parlamentare nasca, se si vuole che il parlamento viva: sull'abisso scavato tra queste due intransigenze bisogna che questo ponte sia lanciato al più presto.
     Questo compito di ricondurre l'opposizione alla sua serena e costruttiva funzione parlamentare non può spettare che al socialismo. Ma esiste oggi nel parlamento una opposizione socialista. Non certamente quella dei socialisti del Fronte; le cui voci, anche, in parlamento, non riescono ormai più a distinguersi, perfino nei gesti e nelle inflessioni oratorie, da quelle dei comunisti (era corsa perfino la notizia che molti di essi, sacrificati nella lotta elettorale dal giuoco delle preferenze manovrato dai comunisti, avrebbero accettato con gratitudine dai comunisti la graziosa elargizione di qualche seggio parlamentare, disposti, pur di entrare a Montecitorio, ad assumervi, invece che la funzione di rappresentanti della nazione, quella di sostituti dei benèfici comunisti dimissionari...). Ma neanche quella dei socialisti al governo; perché non si può sedere sulle poltrone del governo, sia pure in funzione di stimolatori, e contemporaneamente parlare, con autorità dai banchi dell'opposizione.

PIERO CALAMANDREI


testo editato in  Oltre la guerra fredda, L’Italia del “Ponte” (1948-1953) a cura di Mimmo Franzinelli
Editori Laterza - 2010


sabato 19 ottobre 2013

Eventi politici neopestani e vetero capaccesi.I trasformisti, gli identitari e la criptonite ovvero storie di legami.

Nino Pagano (foto Fb di N. Pagano)
Quella che era solo un'ipotesi politica sembra ormai concretizzarsi. Pare che nel prossimo Consiglio Comunale si formerà il Gruppo Consiliare del PD con Pasquale Cetta, Nino Pagano e Franco Tarallo. (1) (2)
I numeri ci sono tutti a norma di regolamento del C.C..
 Nino Pagano e Pasquale Cetta formalizzano, così, la scelta di uscire dalla formazione civica in cui erano stati eletti, che se chiarisce la loro identità politica, porta però lo scompiglio nella coalizione "civica" e nello stesso PD, dove tutti sembrano cadere dalle nuvole.
Così se il Presidente del partito locale, Vincenzo Serrone, afferma “che non c’è alcun verbale” , cioè alcuna decisione ufficiale dei dirigenti locali a riguardo, Nello Mastursi, responsabile dell’organizzazione del Pd provinciale, nega l’esistenza di un comunicato del PD provinciale a riguardo e rimanda qualsiasi decisione sul caso a dopo il congresso provinciale, come dire: vediamo chi è chi e quanto pesa a Capaccio. 
 Sulle motivazioni di tale strappo ben poco sappiamo, se non delle vaghe dichiarazioni sulla preminenza personale di alcuni esponenti della civicità su gli altri, tanto da far dire a Cetta di essere "lontano da un certo modo di fare politica, che di certo non è quella che invece pratica il vero ‘padrone’ del municipio che, ormai, decide per tutti. Mi spiace per il sindaco Voza, persona che stimo e rispetto, ma ora lo vedo sovrastato." (3)

Che cosa significhi non lo sappiamo. Ma di certo nell'ultima ridistribuzione delle deleghe i due consiglieri Pagano e Cetta sono rimasti a mani vuote, cosa che indica che già non erano più considerati dal Sindaco dei consiglieri della sua maggioranza.

Di fatto il Patto Civico, si fondava sul principio che le liste,  i candidati e gli eletti non avessero una connotazione partitica. La volontà dei due consiglieri di caratterizzarsi politicamente nel massimo consesso cittadino, dichiarando la loro appartenenza al PD, li ha posti quindi al di fuori da quel patto e dalla maggioranza.

La questione non è di poca importanza in quanto una scelta diversa avrebbe minato la maggioranza stessa.
Ricordiamo, infatti, come l'UDC di Capaccio (4) (5) non ha trovato "ufficialmente" collocazione nell'alleanza elettorale che sosteneva Italo Voza Sindaco proprio perché partito, e come l'UDC abbia, poi,  rifiutato la contro-proposta del candidato sindaco di candidare i suoi uomini nelle varie liste civiche già esistenti.
E che dire dello "schiaffo" ricevuto dalla compagine civica di provenienza di centro-destra?
Il candidato sindaco, Italo Voza, fece un ulteriore giro di vite escludendo anche le liste "Filippo Turati" (cioè quella promossa da Antonio Fasolino, uno dei massimi sponsor della civicità targata Voza, e riconducibile a Stefano Caldoro, il Presidente della Regione Campania ed al Nuovo PSI)  ed il "Principe Arechi" (cioè quella pidiellina dell'uomo forte di Salerno, l'on. Edmondo Cirielli). Cosa che creò non pochi malumori e mal di pancia.

Amici miei, la scena degli schiaffi.
Poi sono cominciate le caratterizzazioni politiche del Sindaco, prima coltivando simpatie per Pisapia e De Magistris (6) (7) poi successivamente per Renzi ed il PD. Quindi la rottura con i vertici provinciali e regionali istituzionali e politici del cdx (Caldoro e Cirielli) che consideravano, erroneamente, Voza un loro uomo (8). Ma da lì a poco alcuni consiglieri comunali parteciparono ad una manifestazione di partito, quella del PD. (9) Nino Pagano e Marilena Montefusco provocando con questa scelta un profondo malumore dei consiglieri politicamente di cdx ed uno strascico polemico, tanto da far dire al consigliere comunale Maurizio Paolillo "Sin dall’inizio abbiamo deciso di costituire una coalizione fondata sulla civicità che francamente ci ha portato benissimo, visti i risultati ottenuti alle ultime elezioni che ci ha consentito di avere una maggioranza composta da quattordici consiglieri su sedici. Se ci fossero stati i partiti non avremo avuto questo risultato". Alla quale Pagano ribatté: "Sono un consigliere iscritto del PD e come tale parteciperò alla manifestazione. In consiglio comunale non esiste nessun gruppo del PD, faccio parte di una lista civica".(10)

A luglio di quest'anno Italo Voza prende la tessera del PD. "Il sindaco Voza" afferma il coordinatore cittadino, Emanuele Sica in una sua dichiarazione a La Città di Salerno "con convinzione e correttezza ha dichiarato la sua indubbia appartenenza alle idee del nostro partito. Crediamo sia essenziale che si torni agli spazi di vita democratica e all’appartenenza politica con tutta la responsabilità, la trasparenza e la condivisione che questo comporta". Ed aggiunge: "Siamo fiduciosi che questa adesione è solo il primo passo verso nuovi scenari nel rapporto tra l’amministrazione ed il partito, che intende confrontarsi in maniera costruttiva e programmatica per il bene del nostro territorio." (11) (12)

Ciò portò anche a nuovi equilibri sulle quiescenti colorazioni politiche dei consiglieri di maggioranza. Così Pasquale Mazza e Giuseppe Tommasini Arenella, definitisi originariamente di area di cdx, s'iscrivono al PD.
Nasce quindi una nuova geografia politica esoterica del C.C. e delle anime civiche. Vediamola:
  • Ciuccio Roberto (cdx e componente del direttivo provinciale del PDL)
  • Mazza Pasquale ( ora al PD)(7)
  • Paolillo Maurizio (ex FI, pidielino forse in FI 2.0)
  • Sabatella Luca  (di provenienza cdx, ma ora posizionatosi nel gruppo misto)
  • Farro Luciano  ( cdx, pidiellino ex AS)
  • Pagano Carmelo (PD)
  • Marandino Leopoldo (ex Margherita, poi PDL)
  • Cetta Pasquale (collocazione originaria incerta o indefinibile, ora PD)
  • Longo Francesco (csx, ex PD, poi UDC...)
  • Montefusco Marilena (PD)
  • Sica Fracesco (UDR, AN e poi Presidente del cirolo PDL di Capaccio,  a proposito il circolo esiste ancora?)
  • Nese Domenico (cdx)
  • Voza Roberto (cdx - Nuovo PSI)
  • Tommasini Arenella Giuseppe (in consiglio comunale si dichiaro del PDL, ora PD) (14)
  • De Caro Gennaro (csx, già candidato sindaco)
  • Tarallo Franco (PD)
Quindi i consiglieri di maggioranza ascrivibili, oggi, "idealmente" al centro-destra, sono esattamente 7 + 1 (Marandino). Quelli di csx sarebbero 3 (Tommasini, Mazza, Montefusco) + 1 (Longo).
All'opposizione avremmo quindi il già candidato sindaco De Caro ed i tre PD.
In totale il PD avrebbe tesserati 6 consiglieri comunali. Tre in maggioranza e tre all'opposizione.
La maggioranza civica può contare ancora su una maggioranza schiacciante di 12 consiglieri su 16.
Con tali numeri sarebbe difficile che il Sindaco possa avere ripensamenti. Il suo problema semmai è quello di trovare un raccordo tra le aspirazioni e le ambizioni degli uomini della sua squadra, che parrebbero, ora, per alcuni mortificate dalla proponderanza decisionale di altri. L'uscita di Pagano e Cetta in ciò semplifica le cose.

Ma se alcuni hanno avuto soddisfazione dalle deleghe ricevute, che in taluni casi contemplano importanti opere pubbliche, per altri pare difficile ritagliarsi uno spazio. Difatti i malumori più che di carattere politico sono di ben altra natura. Infatti al di là dei malumori sulle colorazioni politiche, ossia sulle tessere di alcuni, c'è di più.

Cerchiamo di capire. 
Il cdx capaccese, oggi, non esiste organizzativamente, se non in vaghi riferimenti di amministratori, ex amministratori e storici attivisti. Ciò è chiaramente voluto. Si preferisce all'essere ingabbiati in strutture, come le sedi di partito, dove dover render conto agli iscritti o subirne l'attivismo o le critiche, coltivare rapporti personali con questo o quel riferimento politico o istituzionale d'oltre Sele, che sia locale o nazionale. Così l'eventuale tessera di un esponente del cdx è poco significativa in fatto di ricadute sull'amministrazione comunale e sulle scelte che i suoi uomini d'area devono compiere nell'azione amministrativa in quanto non devono render conto ad alcuno se non forse a qualche famiglio e amico.

“Il kinbaku è differente dal bondage. Io lego solamente il corpo di una donna perché so che non posso legare il suo cuore. Solo il corpo può essere legato. Legare una donna diventa un abbraccio"
Legami
Ma il PD è tutta un'altra storia.
E' un partito, con all'interno personalità forti e di esperienza. Così la formazione di un gruppo consiliare del PD mette in evidenza una peculiarità (a cui abbiamo poc'anzi accennato) e le contraddizioni della politica capaccese. In particolare la conseguenza prima del cosiddetto civismo in salsa nostrana, quello di essere opportunisticamente e furbamente trasversale e trasformista.
Così il PD si ritrova a rivivere quelle stesse contraddizioni vissute dal PDL sotto l'amministrazione Marino. Cioè, ad esempio, l'esistenza, allora, di un PDL di opposizione e di uno di maggioranza. Abbiamo cosi, oggi, un Sindaco e dei consiglieri del PD in maggioranza ed un gruppo consiliare del PD forse all' "opposizione".
Allora però nel cdx, intorno al circolo "Giorgio Almirante" (prima come AN e poi come PDL) si coagularano quelle sensibilità che si sentivano alternative al progetto civico di Marino. Si ebbe cioè un'azione politica (degli iscritti e simpatizzanti) continua e quotidiana ed una amministrativa (col generale Giuseppe Troncone e gli altelenanti ed occasionali consiglieri della allora opposizione) attenta, puntuale, critica e propositiva (che è testimoniata dai tanti articoli proprio in questo blog, a cominciare dal PUC). Ciò che oggi si è ben lungi dal vedere nell'odierno PD Capaccese. 

Si potrebbe tutto sintetizzare in una parola: "legami".
Di certo il PD dei vertici provinciali, attento come sempre a collocare le sue bandierine sulla cartina geografica della provincia, è con il Sindaco. Un sindaco val bene un Partito. E di questo gli "scissionisti" dovranno ben tenerne conto come anche il suo dirigente locale, Emanuele Sica.
Il PD capaccese è spaccato, non solo nella sua componente che guarda all'amministrazione Voza ed in quelle che vi si sono opposte nella scorsa tornata elettorale o che non vi si riconoscono, ma anche nelle sue componenti o anime locali. Se inzialmente i giovani di GD (Giovani Democratici) avevano affrontato una campagna elettorale assieme a Franco Tarallo sotto le insegne di De Caro candidato sindaco, e susseguentemente una battaglia congressuale assieme nel PD (15) che ha portato, mi pare, 2 giovani nel direttivo, si e poi consumato un "divorzio", dove addirittura i giovani neo-eletti nel partito si sono dimessi, creando una spaccatura tra il giovanile ed il partito.
Lo stesso PD,  nel cui congresso locale era risultata perdente al primo turno la componente Pagano, allora vicina al Sindaco, ha visto però poi nominato a suo dirigente, Emanuele Sica, in area Pagano contro Vincenzo Serrone e Angelo Cavallo. Poi le dimissioni dei giovani dal direttivo ed il susseguente accordo sul nome.
A questo punto bisogna chiedersi quali saranno gli sviluppi nel PD e soprattutto cosa abbia in mente il suo responsabile locale.

Ma se Atene piange, Sparta non ride.
Come abbiamo visto nel cdx capaccese vi è una colpevole latitanza organizzativa e politica.
O meglio pare, da indiscrezioni da prendere con i dovuti dubbi del caso, che diverse sere fa, in un noto villaggio turistico, si siano riuniti gli amministratori di maggioranza di area di cdx. Pare che lo scopo dell'incontro  fosse quello di avviare la formazione di un comune percorso che avrebbe dovuto sfociare nella ricostituzione di un'area comune di cdx. Pare che la cosa sia saltata nel momento in cui è stato proposto un comunicato stampa.
Tutto ciò è molto significativo e lascia spazio a molte interpretazioni.
Al solito aspetteremo le prossime elezioni per vedere ciascuno con il suo bel stemmino appuntato sulla giacchetta, dovendo portare l'acqua al mulino dei loro riferimenti politici ed istituzionali salernitani o romani.
Al momento tutto è sotto traccia. Le camminate Oltresele di chi conta sono funzionali ai propri personalismi. Le appartenenze si risolvono all'interno di qualche segreteria provinciale o in qualche ufficio istituzionale.
A Capaccio, invece, tutti civici, anche qualche apirante oppositore.
E' la politica dei due forni.
Aspetteremo.... 

Note:
  1. lacittadisalerno - Capaccio, prime crepe nella maggioranza
  2. Stile TV - Capaccio:nasce gruppo Pd Cetta-Pagano-Tarallo, ma il partito si spacca 
  3. Stile TV - Capaccio,nuove deleghe ai consiglieri: Cetta e Pagano a mani vuote. 
  4. Stile TV - Capaccio,Voza non cede: è strappo con l'Udc. In bilico Ragni, Longo e la Vicidomini 
  5. Stile TV - Capaccio,Comunali 2012. Voza avanti senza Udc e sigle 'Turati' e 'Principe Arechi'.Cobellis: "Ci ha scaricati" 
  6. positanonews - Capaccio Paestum è l´ora dei ricorsi per il sindaco di sinistra con l´amministrazione di destra  
  7. Stile TV - L'opinione -Il sindaco Voza che farà da grande? 
  8. ilabirintidellospirito - VOZA COLORA LA CIVICITA'? 
  9. lacittadisalerno - La Montefusco e Pagano firmano col Pd. È polemica.
  10. lacittadisalerno - La Montefusco e Pagano firmano col Pd. È polemica.
  11. lacittadisalerno - Voza ha preso la tessera Pd Sica contento
  12. lacittadisalerno - Pd “seleziona” nuovi ingressi e tesseramenti 
  13. dentrosalerno - Capaccio-Paestum: Api replica consigliere Mazza
  14. lacittadisalerno - Nuove adesioni a Capaccio: ora sono 6 gli amministratori del Pd
  15. dice infatti Antonio Maffeo, allora Segretario GD Capaccio - Paestum, dimessosi poi per assumere la guida del Forum dei Giovani, sulla pagina Fb dei Giovani Democratici di Capaccio: "Ieri io e Franco Tarallo abbiamo presentato per il congresso cittadino PD la lista "Democratici per il rinnovamento", il nostro candidato coordinatore si chiama Angelo Cavallo ha 25 anni è stato già candidato alle scorse amministrative raccogliendo un buon consenso, un in bocca a lupo da Noi Giovani Democratici Capaccio siamo sicuri che porterà avanti le nostre idee. Siamo una generazione che non si vuole arrendere.
    ADELANTE!!!"
     

L'opinione - Il sindaco Voza che farà da grande?