Tale legge è da sempre il pomo della discordia tra chi giustamente vorrebbe tutelare il ricco e unico patrimonio archeologico della Piana dei Templi e chi altrettanto giustamente ne rivendica un’applicazione univoca e coerente. Di certo nel mezzo vi è la spinosa questione dell’abusivismo, che nasceva dall’esigenza di uno sviluppo di un territorio, fenomeno che ha trovato il suo culmine negli anni settanta e ottanta, per divenire sporadico e isolato recentemente. Un fenomeno tollerato dalla politica locale che solo sporadicamente ha cercato di porvi limite o rimedio, semplicemente ignorandolo e non cercando di trovare risposte razionali e pragmatiche. Da una parte gli ideologismi di chi era per principio contro l’edificazione e lo sviluppo nell’area della cosiddetta 220 (un limite di mille metri intorno alle mura della città antica) e chi invece voleva una “sanatoria” indiscriminata, che premiasse anche chi certamente non aveva la necessità di farsi casa, ma voleva solo speculare. Oggi, in realtà, tale dicotomia sussiste ancora, ma sempre di più sono coloro che muovendosi dallo stato dei fatti, vogliono trovare una soluzione, che tuteli i deboli (le prime case), sanando quanto non confligga con le esigenze pubbliche, con quelle “realmente” di tutela del patrimonio archeologico, per arrivare, anche alla demolizione di quanto non sanabile. E’ necessario un approccio realistico e pragmatico alla questione. Si arriva, infatti, al paradosso che quei cittadini, che vivono nelle 220 (formalmente abusivi) siano serviti dai servizi pubblici (strade, illuminazione, fognature, acquedotto, raccolta della spazzatura, ecc.) pagando i relativi onori e tasse, senza poter in alcun modo sanare la propria posizione, anche quando reali motivi di tutela non sussistono se non in senso assoluto, perché ricadenti nell’area di vincolo. Ma, se fosse solo per questo la cosa sarebbe nell’ordine delle assurdità nostrane. In realtà, la stessa interpretazione della legge 220 e la sua relativa applicazione sembrano non essere constanti e univoche agli occhi della popolazione di Capaccio-Paestum.
Premetto che chi scrive non è un tecnico e quindi non pienamente versato nella materia e quindi passabile di errore. Più di un mio concittadino, però, mi dice che in genere l’applicazione più larga o ristretta della legge in questione dipende dalla sensibilità e dalla disponibilità del sovrintendente di turno verso una soluzione pratica del problema. Quindi in epoche diverse e con funzionari diversi casi simili hanno avuto trattamenti diversi. In poche parole taluni hanno il parere favorevole della Sovraintendenza a edificare in quella stessa zona dove ad altri è stata negata. Spero che questa cosa sia verificata, non avendo chi scrive modo, ancora, di averne certezza e per questo si limita a passare semplicemente la notizia con il seme del dubbio.
Restano però dei segni evidenti di quando la sovrintendenza “abroghi apparentemente” a tali vincoli.
La legge 220, esempio raro di semplicità legislativa di soli quattro articoli, pone:
· all’art. 1, un’area di rispetto di 1000 metri intorno alle mura come al suo interno;
· all’art. 2, il divieto di eseguire qualsiasi fabbricato in muratura e ogni altra opera che possa recare pregiudizio all'attuale stato della località;
Eppure in occasione della scandalosa faccenda relativa alla non ancora edificazione del sottopasso di Paestum le autorità erano disponibili a eludere tale vincolo di 1.000 metri per permetterne l’edificazione a 600 metri dalle mura, bocciando la proposta dell’amministrazione comunale, più funzionale per la comunità, di 350 metri. Infatti, il Comitato di Settore dei Ministero dei Beni Archeologici di Roma, interessato in proposito dal Soprintendente dei B.A. di Salerno, con verbale N. 80 del 10-04-2003 si era dichiarato possibilista a un’ipotesi di realizzazione del sottopasso in località Laghetto ad una distanza dalle mura di almeno 600 m e non come prospettato a 350 m. Il Comitato di Settore comunicava tale decisione al Sopr. dei B.A. di Salerno con lettera N. 9788 datata 10 aprile 2003. il giorno 1 giugno 2006, sopr. B.A. di Salerno, con lettera N. 7171/1E, comunica che il Comitato Tecnico Scientifico per i Beni Archeologici ha espresso all’unanimità parere negativo sulla nota del Comune di Capaccio N. 18551 del 17 maggio 2005 (cioè sulla possibilità di realizzare la suddetta opera a 350 m).
Di fatto a noi poveri cittadini-spettatori diventa poco intellegibile la logica di certe decisioni. Al di là della scelta di permettere a 600 m. quanto si nega a 350 m. in zona di vincolo di 1000 m, diventa addirittura inesplicabile e paradossale alla luce di quanto denunciato dal nostro concittadino Maurizio Paolillo.
Premetto che chi scrive non è un tecnico e quindi non pienamente versato nella materia e quindi passabile di errore. Più di un mio concittadino, però, mi dice che in genere l’applicazione più larga o ristretta della legge in questione dipende dalla sensibilità e dalla disponibilità del sovrintendente di turno verso una soluzione pratica del problema. Quindi in epoche diverse e con funzionari diversi casi simili hanno avuto trattamenti diversi. In poche parole taluni hanno il parere favorevole della Sovraintendenza a edificare in quella stessa zona dove ad altri è stata negata. Spero che questa cosa sia verificata, non avendo chi scrive modo, ancora, di averne certezza e per questo si limita a passare semplicemente la notizia con il seme del dubbio.
Restano però dei segni evidenti di quando la sovrintendenza “abroghi apparentemente” a tali vincoli.
La legge 220, esempio raro di semplicità legislativa di soli quattro articoli, pone:
· all’art. 1, un’area di rispetto di 1000 metri intorno alle mura come al suo interno;
· all’art. 2, il divieto di eseguire qualsiasi fabbricato in muratura e ogni altra opera che possa recare pregiudizio all'attuale stato della località;
Eppure in occasione della scandalosa faccenda relativa alla non ancora edificazione del sottopasso di Paestum le autorità erano disponibili a eludere tale vincolo di 1.000 metri per permetterne l’edificazione a 600 metri dalle mura, bocciando la proposta dell’amministrazione comunale, più funzionale per la comunità, di 350 metri. Infatti, il Comitato di Settore dei Ministero dei Beni Archeologici di Roma, interessato in proposito dal Soprintendente dei B.A. di Salerno, con verbale N. 80 del 10-04-2003 si era dichiarato possibilista a un’ipotesi di realizzazione del sottopasso in località Laghetto ad una distanza dalle mura di almeno 600 m e non come prospettato a 350 m. Il Comitato di Settore comunicava tale decisione al Sopr. dei B.A. di Salerno con lettera N. 9788 datata 10 aprile 2003. il giorno 1 giugno 2006, sopr. B.A. di Salerno, con lettera N. 7171/1E, comunica che il Comitato Tecnico Scientifico per i Beni Archeologici ha espresso all’unanimità parere negativo sulla nota del Comune di Capaccio N. 18551 del 17 maggio 2005 (cioè sulla possibilità di realizzare la suddetta opera a 350 m).
Di fatto a noi poveri cittadini-spettatori diventa poco intellegibile la logica di certe decisioni. Al di là della scelta di permettere a 600 m. quanto si nega a 350 m. in zona di vincolo di 1000 m, diventa addirittura inesplicabile e paradossale alla luce di quanto denunciato dal nostro concittadino Maurizio Paolillo.
Ciao Circolo, come và? Spero tutto bene per te. Buon lavoro. Un abbraccio e un buon settimana
RispondiEliminaCiao David,
RispondiEliminabuon lavoro anche a te.
Un cordiale saluto da
enzodisirio
del Circolo Capaccio-Paestum di A.N.
P.S.: da dove ci scrivi?
Ciao David,
RispondiEliminagrazie dei saluti e buona settimana anche a te.
Enzo, complimenti per questi ultimi interventi. Possiamo "trasferirli" su pannelli per la festa di domenica ed i prossimi gazebo?
Un saluto a tutti quanti seguono questo blog.