giovedì 26 marzo 2009

SUI GIORNALI LA “SCOPERTA” DI FINI STRATEGA


di Francesco Signoretta

L’intervento al congresso di An convince gli opinionisti: da lui tesi moderne e mai superficiali.


Nel day after del congresso di An arriva il giorno degli editoriali di peso. Non è più cronaca, sono riflessioni. La sorpresa, la curiosità e gli interventi hanno lasciato il campo alle valutazioni ponderate.
Gli opinionisti fanno il punto e il discorso di Gianfranco Fini alla Nuova Fiera di Roma raccoglie parecchi giudizi positivi, aprendo un dibattito sui nuovi obiettivi e sulla natura della destra. È stato un discorso profondo, che ha convinto anche gran parte degli “avversari” e di coloro che, in passato, avevano espresso alcune perplessità. «Fini è diventato interessante», ha scritto ieri mattina Giuliano Ferrara, che già a Radio 24, due giorni fa, aveva avuto parole di elogio per il presidente della Camera.
«Gli donano le occasioni solenni», ha argomentato per giustificare lo scarso interesse con cui in passato egli stesso ha guardato alle «scelte simboliche» e agli «scarti personali» che hanno caratterizzato gli atti politici di Fini, al governo e all’opposizione. «Sembrava tutto tatticismo opaco», rileva il direttore de Il Foglio, «sembrava lavorare solo con terra di riporto». E con quel «sembrava» implicitamente esprime la convinzione che invece di tutto si trattava tranne che di questo. A Fiuggi, in ogni caso, alla fondazione di An, l’impressione era già stata di quelle che lasciano il segno: «Ha trovato la parola giusta, di una radicalità religiosa, quando – sottolinea – disse che lui e i suoi abbandonavano la casa del padre per non farvi più ritorno». Ferrara, comunque, da uomo pragmatico qual è, guarda alle cose concrete e tira qualche tratto di penna. Fini ha tenuto un eccellente discorso. In questo modo si avventura solitario nel nuovo partito che sta per nascere, «accompagnato in ordine sparso da una combriccola di vecchi amici abbastanza berlusconizzati»; il metodo «è il dialogo rispettoso, l’emulazione con l’avversario sul terrenodelle idee, dopo il tramonto dell’egemonia culturale di sinistra». A suo avviso il presidente della Camera «non è più geneticamente di destra, non è più legge e ordine». Dal suo discorso è apparsa evidente la convinzione acquisita che «il presidenzialismo va con il rafforzamento all’americana del ruolo del Parlamento», quello che delinea è «un partito moderato», che « deve essere partito della nazione piuttosto che partito personale, e deve avere in sé pluralismo e gusto della libertà.L’etica è quella della destra storica: doverista e responsabile, legata al senso dello Stato».
Fatto il quadro, il direttore de Il Foglio trae le conclusioni: al presidente della Camera i complimenti, a Berlusconi un consiglio che suona quasi come un avvertimento. Il ragazzo di un tempo «ha trovato un suo modo d’essere, trattarlo con rispetto è la scelta giusta». Come dire: nessuno ti contesta la leadership, ma faresti bene a stare attento a come ti muovi.
Nell’apprezzare il discorso di Fini, Ferrara è in buona compagnia. Avvenire sottolineava ieri che il presidente della Camera è piaciuto ai radicali, ricordava che Marco Pannella ha parlato di «splendido discorso» ed Emma Bonino di una «diversa leadership culturale che nasce all’interno della destra» e poneva l’accento su un passaggio che a Radio radicale hanno molto apprezzato: quello sul confine tra sfera pubblica e sfera religiosa, in cui Fini ha sostenuto che «il valore della religione è all’interno di scelte di tipo individuali e personali, non collettive».
Quella riportata da Avvenire più che una riflessione propria è una rassegna di quanto dicono gli altri. Ma stilata in modo che appaia chiaro a tutti come le parole del presidente della Camera si sono andate a collocare all’interno dello scenario nazionale ed europeo. Così, non sfugge l’apprezzamento di Le Monde («porta a termine la
trasformazione del postfascismo in una destra classica»), della Voce Repubblicana, che si dice «positivamente impressionata» per il fatto che Fini ha posto «come valore dirimente la libertà dell’individuo e ha detto che lo Stato non deve opprimere, ma far sviluppare la libertà, poi ha sostenuto le ragioni della democrazia e del pluralismo, politico, etnico e culturale». Una posizione che, secondo l’editoriale del giornale rappresenta sicuramente «una posizione molto nobile».
Dichiarazioni che Europa dimostra di apprezzare quando sostiene che Fini lavora «per sé e per il bipolarismo». Il quotidiano del Pd, che già una decina di giorni addietro, sia pure all’interno di quello che ha definito un gioco di società, aveva considerato Fini favorito su Berlusconi nella corsa alla successione di Napolitano nel 2013, adesso rileva che «il presidente della Camera ha confermato il proprio approdo a una concezione dello Stato, delle istituzioni e della complessità sociale». Una «traiettoria del tutto personale», nella quale secondo Europa la destra italiana non si identifica del tutto. Un male? Non proprio. Il quotidiano non lo dice, ma forse è per questo che la nascita del Pdl propone un partito molto diverso
dalla pura somma di An e Forza Italia, «capace di un’offerta politica ampia e diversificata». Gli avversari, in sostanza, temono che Fini polarizzi consensi elettorali: questo è unfatto. Le etichette, poi, ognuno le attacchi dovecrede più opportuno. Resta il fatto sottolineato dalla fondazione Farefuturo: se c’è una destra che «si limita a difendere rendite di posizione» Fini non ne fa parte, lui gioca all’attacco e punta a navigare in mare aperto.

dal Secolo d'Italia del 25/03/2009

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